Quando il sesso è strumento di dominio
di FILIPPO LA PORTA
Il corpo nudo non dà più scandalo, non è più una forza sovversiva. Dovunque esibito e mercificato. Con Salò (1975), film terminale e disperatamente didascalico, Pier Paolo Pasolini intuì una verità del genere, che poi riaffiora negli scrittori “cannibali” alla metà degli anni ’90. Eppure si tratta di una verità unilaterale. Il corpo infatti continua oggi a oscillare tra mercificazione e conoscenza, tra gestione dell’apparenza e incontro reale con l’altro.
Di cosa parliamo quando parliamo di sesso? I racconti di Elena Bibolotti, imprenditrice nel web e nella didattica musicale, “Pioggia dorata” (Giazira scritture, prefazione di Fulvio Abbate), mostrano quanto il sesso possa essere ancora uno strumento conoscitivo fondamentale. Già a partire dal titolo mettono in scena una galleria di ritratti (soprattutto di donne) e un variegato repertorio di perversioni sessuali, con una descrizione insolitamente precisa, iperrealistica – e dunque straniata – degli organi sessuali.
Però il loro centro semi sommerso è altrove, e ci trasmette una verità dell’eros, vicina ad un teorema caro al Pasolini di Petrolio: “possedere” coincide con il “Male” (si possiede sempre qualcosa di limitato), mentre “essere posseduti”, per quanto possa implicare dolore e umiliazione, è l’unica esperienza possibile del “Bene”. E lo fa creando personaggi vivi, credibili, immersi nel loro quotidiano. L’eros autentico è abbandono all’atro, rinuncia a qualsiasi presa, a qualsiasi volontà e progetto.
Prendiamo forse il racconto più bello e concentrato: “Il serpente piumato”. Valeria, manager spietata e “cacciatrice di teste” nelle aziende, mai un dubbio o una distrazione, si diverte a rimorchiare ragazzi, a dominarli, a spremerli e gettarli via: il sesso «l’aveva tenuto nell’hard disk della propria esistenza infilandolo però nelle utility». Poi succede che il giovane Pablo filma la loro relazione di nascosto e la ricatta. Non vuole soldi da Valeria, come lei aveva sperato, ma ciò che lei ha di più caro, «il suo mondo solitario e buio».
(Recensione tratta dal n. del 30 aprile 2016 di Left)