Degas: riconoscersi animali ci rende più umani
di ROMOLO RICAPITO
Presentato al Centro polifunzionale per gli Studenti di Bari (ex Palazzo delle Poste) in Piazza Cesare Battisti il nuovo romanzo “La Scimmia di Degas” edizioni Giazira scritture. Erano presenti l’autrice Anna D’Elia, Ida Porfido del dipartimento lettere, lingue, arte, italianistica e culture comparate dell’Università di Bari e l’editore Cristiano Marti.
I reading erano a cura di Etienne Lavail e Valentina Ragno.
Di Edgar Degas (1834-1917) pittore parigino, la prof. Porfido ha specificato che egli era anche stampatore, disegnatore, litografo e fotografo.
In questi romanzo gli è affiancata Nannina : pupilla, modella, alter ego femminile e capro espiatorio.
Dietro il nome di Nannina-ha spiegato in seguito Anna D’Elia- si nasconde Marie Genevieve van Goethem, studentessa del Balletto dell’Opera di Parigi. Nel testo il nome è stato “napoletanizzato” per suggerire alcuni trascorsi meno noti di Degas, che conosceva il vernacolo partenopeo e il folklore campano perché suo nonno visse a lungo a Napoli.
“La spigolosità caratteriale e il perfezionismo del pittore si alternavano alla vena e allo spirito italiano“.
L’editore Cristiano Marti ha sottolineato come la D’Elia “acchiappi” nel suo riuscito romanzo il lettore sin dalla prima pagina ; egli rimane colpito dal periodo artistico della Parigi fine Ottocento-inizi Novecento. Il fascino irresistibile delle biografie di artisti vissuti in quell’epoca è incontestabile, mentre l’arte resta misteriosa, come misterioso è l’artista. Dunque il romanzo di D’Elia è “un’opera d’arte”.
Nel libro è riportata una lettera immaginaria scritta da Degas al nostro pittore Giuseppe De Nittis, nato a Barletta, nella quale il francese accenna al dubbio che il suo credo più profondo in fatto d’arte venga travisato e capovolto.
“Riesco a trovare la bellezza in tutto ciò che è raccapricciante. In quest’epoca l’ipocrisia trionfa rendendo intollerabile la visione di un quadro. Ho avuto un’unica sposa: la pittura. A lei ho dedicato l’intera vita“.
Il romanzo ambientato interamente a Parigi con un’incursione a Napoli e una sortita in Normandia descrive la città francese come la Capitale del lusso e del piacere, “epitome della modernità e della dolce vita“.
Nelle nascenti gallerie artistiche amatori e collezionisti di ogni genere scoprono le creazioni dell’impressionismo.
Ma la Ville Lumière è soprattutto la città dove si sviluppa la fotografia, l’eleganza di abiti, manufatti e gioielli.
Ricordata a questo proposito dalla professoressa Porfido l’Esposizione Universale del 1900 che segna il massimo splendore della Belle Epoque, vera età dell’oro estetizzante.
La Belle Epoque è importante storicamente perché in essa la Francia celebrava il suo rinnovato equilibrio dopo tante “rivoluzioni”.
A metà ‘800 nasce l’urbanistica neo conservatrice.
La Folla è la nuova protagonista degli eventi. Ma fioriscono anche case chiuse e la prostituzione minorile (quella degli allievi della scuola di ballo dell’opera di Parigi) mentre sorgono ospedali psichiatrici, prigioni, morgue, miseria e squallore.
Gli intellettuali e gli artisti colgono gli aspetti più in ombra o “sfumati” della Belle Epoque, ossia denunciano la nuova volgarità della mondanità rampante.
Belle Epoque anche come epoca della nascita del voyeurismo, dunque, mentre in Degas emerge la sua misantropia, ma anche una certa misoginia, nella descrizione pittorica delle bevitrici di assenzio, modiste e ballerine .
Nel romanzo in generale esplode la disillusione e incomprensione di un’epoca ricca di fermenti, mentre la donna è vista come uno splendido involucro, o macchina da guerra pronta ad annullare il maschio: essere dalla natura diabolica e luciferina.
Ma è interessante con la D’Elia esplorare il nuovo rapporto uomo-donna, pittore-modella.
La ballerina di 14 anni protagonista del testo è definita Scimmia perché dalla bellezza imperfetta.
Gli sguardi di Degas e Nannina creano un intreccio comprendente il filtro amoroso e lo strumento demoniaco nel quale i pittori si guardano e riflettono.
Il ritratto di Nannina va considerato l’autoritratto di Degas, perché attraverso le donne reiette (lavoratrici dello spettacolo e dei “casini”) Edgar cerca la parte segreta e più nascosta di sé: quella animalesca e irrazionale dell’essere.
Degas insomma rifiuta la definizione di pittore accademico e nella sua visione di donne perse, alcolizzate, da marciapiede, egli accoglie la parte “misterica” di se stesso. Nella prostituta vede Edgar, il pittore reietto.
Dunque anziché di misoginia si potrebbe argutamente dire che Degas dimostra un’adesione profonda all’essere femminile.
Per la prima volta poi l’artista diede scandalo rappresentando nelle opere i clienti dei bordelli. In questo riconoscersi “animali” c’è un rinnovato sguardo unito a pietas creaturali. Insomma riconoscersi animali rende l’individuo migliore perché più umano.
Tratto dal perdioco “Gazzetta dal Tacco”