Tommaso Renise: storia fra povertà e riscatto
di Ilaria Grossi
Roma.
Sfratto esecutivo, ufficiali giudiziari, occupazione abusiva di case popolari, precarietà, povertà, disperazione, debiti, spostarsi per anni da una casa all’altra con le valigie piene di vestiti e ogni volta lasciare un pezzetto di te e del tuo cuore in quella casa che ti ha temporaneamente protetto.
Alberto Renise, decide di tornare nella prima casa, quella che l’ha visto più sereno con la sua famiglia, decide di occupare abusivamente una casa che sente sua anche se non lo è. Decide di autorecludersi in casa, di diventare prigioniero di quattro mura, di non aprire più a nessuno, soprattutto agli ufficiali giudiziari. Di rinchiudere Tommaso, il padre anziano in uno stanzino la cui porta sono le ante dell’armadio, perché nessuno lo venisse a cercare. Nella sua decisione disperata di vivere come un’eremita, lontano dal mondo che non ha mai reso giustizia alla sua condizione precaria, si coglie tutto il dramma nella vita di Alberto, strano, cinico, in continua competizione con Tommaso che cercava di spronarlo e otteneva la sua aggressione solo temporanea, non riusciva a stare troppo tempo in collera con lui.
Alberto, aveva due grandi paure, perdere la casa e perdere Tommaso, cosa avrebbe fatto senza Tommaso?
Alberto esisteva dopo Tommaso?
Ecco, la paura è capace di innescare meccanismi inspiegabili, assurdi, non c’è ragionamento lucido che tenga. La paura divora da dentro per poi coinvolgere tutto quello che ti circonda.
Ecco cosa ho colto nelle primissime pagine del libro.
Alberto è un protagonista che non lascia indifferente il lettore.
Quanta amara verità c’è nella condizione di chi si sente per una vita emarginato, non considerato, un pacco indesiderato che può essere spostato senza problemi? Precarietà, incertezza, debiti: c’è chi combatte ogni giorno, c’è chi crea mura intorno alla propria vita difendendola con ogni mezzo a sua disposizione anche se si chiama disperazione e se un aiuto concreto non arriva, scatta la lotta per la sopravvivenza, si è disposti a tutto, anche ad annullarsi, a rifiutare l’amore, a chiudere la porta ad un mondo non sempre giusto.
Alberto è figlio della precarietà, rassegnazione e di chi non vuole combattere ma solo resistere.
Mi fermo qui, perché a metà libro ho intuito un finale sorprendente, un po’ mi ha intristito e al tempo stesso mi ha fatto riflettere.
Lascio a te lettore, la curiosità di scoprire una lettura particolare, con un finale tutto da cogliere tra le ultime righe.
Lo stile di Alessio Degli Incerti arriva dritto al lettore, attento ai dettagli, così vero nelle sue riflessioni, profondamente sincero e quella punta di ironia che piace, mette in luce il dramma che si cela dietro chi vive la povertà, la precarietà, chi non riesce a trovare un posto nel mondo capace di proteggerlo e finisce per crearlo con la sua accesa fantasia e disperazione.
Recensione tratta dal blog Reviews rose